MALATI DI NIENTE
MALTRATTAMENTI PSICHIATRICI
Alcuni pazienti hanno trovato aiuto all'interno del sistema psichiatrico. Sono anche stati rinvenuti
degli aghi nei pagliai, ma questo non suggerisce certo che i pagliai costituiscano dei buoni posti dove
riporre gli aghi . (Judy Chamberlin)
Stefano mi racconta una storia. C'è un reparto psichiatrico da qualche parte a Roma, dove i medici
impongono ai ricoverati di assumere psicofarmaci previa recitazione di una formula. Devono dire "Questa
è la terapia" e ingurgitare quanto viene loro dato.
E' molto importante per i medici di questo reparto che questo rituale venga osservato ad ogni assunzione.
Se questa è la terapia, la cosa per cui ti tratteniamo è una malattia e noi che la pratichiamo dottori.
La psichiatria si fonda tuttora su assunti e convenzioni di questo tipo. Quando gli psichiatri
affermano che i loro pazienti sono malati come gli altri, in realtà intendono dire che loro sono
medici come gli altri.
Sandro non ci sta. Dice agli infermieri che assumerà i farmaci solo se potrà dire "Questa è la porcheria".
In poco tempo il rituale viene stravolto dai ricoverati. Tutti usano la sua formula come si usa un
antidoto contro un veleno. Poter chiamare le cose con il proprio nome è sempre stata un'esigenza di
sopravvivenza per i pazienti psichiatrici. Sono infatti le parole e i giudizi degli psichiatri a
condannarli.
Questa è la porcheria, questo non è reparto, io non sono malato e tu non sei un medico. Basta poco per
mettere in ginocchio la presunta scientificità della psichiatria, il suo presunto rigore logico, le sue
pretese terapeutiche. Basta guardare a ciò che realmente fa.
Parlare di terapie o trattamenti psichiatrici è improprio. Di fatto difficilmente questi termini
possono essere usati per definire ciò che gli psichiatri fanno su e dei loro pazienti. Se la malattia
che affermano di curare è solo metaforica, lo stesso non si può dire delle terapie che usano.
Da quale malattia è affetto Sandro? Cosa c'è di insensato in ciò che dice? Cosa ci fa ritenere più
logico affermare che sia lui a soffrire di un delirio di persecuzione e non siano invece i medici a
perseguitarlo?
La risposta sta in quello scambio fra terapia e porcheria che gli è costata una massiccia terapia del
sonno e dell'oblio. Il suo delirio consiste, infatti, nel fatto di chiamare i farmaci porcherie o di
definire i medici carcerieri.
Se e quando sarà dimostrato che gli psicofarmaci sono in realtà porcherie, il suo delirio diventerà
paradossalmente opinione scientifica. E' già successo con le centinaia di migliaia di persone che
ritenevano il loro internamento in manicomio come una minaccia alla loro integrità fisica e psichica,
e che sono stati lobotomizzati per il loro rifiuto di entrarvi, per la loro resistenza alle terapie o
per i loro tentativi di fuga. Oggi è opinione diffusa in ambito psichiatrico che bisogna dimettere e
fare uscire le persone dai manicomi perchè luoghi non terapeutici. Le stesse persone che hanno definito
questa idea delirante, quando espressa da altri, oggi la assumono come obiettivo scientifico o
rivoluzione culturale. L'Organizzazione Mondiale della Sanità assume questo delirio come priorità di
intervento e strategia per i servizi di salute mentale. Uscire dal manicomio si può, anzi si deve.
Già oggi, e da decenni, i pazienti psichiatrici affermano che gli psicofarmaci sono delle porcherie.
Non sono i soli a pensarlo. Alcuni medici e psichiatri sono d'accordo con loro. Affermano in buona
sostanza che Sandro ha ragione, e che imporgli le cure è un crimine contro la sua e la nostra umanità.
Il dottor Giorgio Antonucci, ad esempio, scrive:
Secondo l'analisi farmacologica, lo psicofarmaco viene classificato come neurolettico,
oppure neuroplegico. Si tratta in parole più semplici di un paralizzante delle funzioni nervose. (...)
Praticamente ti iniettano sostanze chimiche che attaccano direttamente i collegamenti nervosi. Sono
sostanze tossiche che avvelenano le cellule nervose nelle loro congiunzioni (sinapsi). (...)
(G.Antonucci1986, I pregiudizi e la conoscenza. Critica alla psichiatria, pag. 217)
Porcherie può essere una buona traduzione popolare di quanto il dottor Antonucci afferma. Tanto più
quanto più riflettiamo sul fatto che i tranquillanti:
Erano farmaci scoperti perchè servissero a coloro che s'interessavano al
controllo e al condizionamento dei topi, rendendoli più trattabili e cooperativi. Gli agenti chimici che
permettono di controllare i topi con maggiore efficienza vengono dati alle persone per lo stesso motivo...
(R.D.Laing 1978, I fatti della vita, pag. 121)
A ben guardare tutte le invenzioni psichiatriche hanno origini altrettanto inquietanti. Una fra tutte:
la pratica dell'elettroshock. E' notorio che il suo inventore, il dottor Ugo Cerletti, si ispirò alle
tecniche di macellazione dei maiali nel mattatoio di Roma.
Gli addetti al macello afferravano i maiali con un paio di grosse pinze a forma
di forbici in prossimità delle loro orecchie. Le pinze erano collegate con dei fili all'impianto
elettrico e terminavano in due dischi-elettrodi dentati racchiudenti una spugna imbevuta d'acqua.
Nel venirne colti, i maiali cadevano sul fianco ed erano subito presi da accessi convulsivi. Allora
il macellatore, avvantaggiandosi dello stato inconscio dell'animale, gli squarciava il collo,
facendolo morire dissanguato .
(U.Cerletti cit. in R.D.Laing 1978, I fatti della vita, pag. 128)
Strana gente i medici. Di fronte ad un'orrendità simile, l'unica cosa che riescono a pensare è come e
se applicarla agli uomini.
Ma torniamo agli psicofarmaci. Sandro trova altri riscontri scientifici nelle affermazioni dello psichiatra
Peter Breggin. La prima di carattere medico:
E' ormai accertato, ed affermato anche dalla psichiatria ufficiale, che l'uso di
psicofarmaci induce nei pazienti una malattia detta discinesia tardiva che comporta una notevole perdita
del controllo sulle funzioni motorie del corpo. (...)
...la maggior parte degli studi ora indica che un quarto, metà o più dei pazienti trattati con farmaci
soffre di questa malattia .
(P.Breggin 1985, A brief history of psychiatry)
La seconda di carattere storico-culturale:
In Russia (almeno fino a qualche tempo fa) i dissidenti politici venivano
ricoverati negli ospedali psichiatrici e trattati con psicofarmaci che distruggevano la loro capacità
di pensare, di riflettere, persino di prendersi cura di se stessi; questo è un fatto ben noto a tutti.
Meno noto è invece il fatto che i farmaci impiegati in tali trattamenti sono gli stessi usati altrove
per i comuni malati di mente, primo fra tutti l'Haldol. Forse i farmaci che vengono usati in Russia per
torturare i prigionieri politici hanno un effetto benefico sulle altre persone? Eppure gli psichiatri
vogliono farlo credere .
(P. Breggin1985, A brief history of psychiatry)
Ancora una volta usiamo qualcosa di cui sono certi i danni, per curare qualcosa di cui non siamo affatto
certi. Se non abbiamo prove dell'esistenza della schizofrenia, infatti, possiamo essere certi della
discinesia tardiva. Così come certi e documentati sono i danni provocati al cervello, alla mente e
all'esistenza di chi è sottoposto alle altre terapie psichiatriche.
Le pratiche psichiatriche risultano insensate fino a che le si inquadra nel campo della ricerca e della
pratica medica. Tutto si chiarisce se accettiamo l'ipotesi che scopo della psichiatria non è quello di
curare una qualsivoglia malattia, ma di controllare e modificare i comportamenti e il pensiero di
individui che, per qualsiasi motivo, risultano inaccettabili e intollerabili ai loro simili.
Visti da questa angolazione, tutti i trattamenti psichiatrici hanno una loro efficacia.
Un giorno quando lui viene a casa, lei gli dice di sentirsi come voglia di urlare. Lui telefona al
medico. Questi le fa un'iniezione e chiama un'ambulanza. Viene portata in un sanatorio. Lei ha voglia
di urlare. Viene sottoposta a un regime di tranquillanti - le viene ancora più voglia di urlare - e di
elettroshock. Le riviene voglia di urlare non appena scema la scossa diretta dell'elettroshock. Viene
sottoposta a psicoterapia. Vengono smessi gli elettroshock, continua con i tranquillanti ma ridotti,
più qualche altra cosa.
E' entrata tre mesi fa.
E' ancora ricoverata.
Sente tuttora voglia di urlare.
Non ha mai urlato .
(R.D.Laing 1978, I fatti della vita, pagg. 95-96)
Scopo della psichiatria è impedire che le persone si comportino in un modo che risulti, in un dato
contesto o in un dato momento, inaccettabile. Per far questo, si sa, si può usare la convinzione o la
costrizione. Il che, in termini psichiatrici, si traduce con la psicoterapia o l'internamento. Ma la
psichiatria pratica anche una terza via. Cerca di distruggere dal di dentro la nostra possibilità di
pensare e agire, agendo direttamente sul nostro cervello.
Il fine dichiarato è quello di asportare in maniera chirurgica solo certi pensieri e di neutralizzare
solo certi comportamenti. In realtà non esiste (nè può esistere) alcuna azione selettiva nelle terapie
psichiatriche. Esse possono solo impedirci di agire, di pensare, di percepire, di ricordare, di essere.
Questo risultato può essere anche auspicato o ricercato da qualcuno: non si spiegherebbe se no la diffusione
dell'uso di sostanze come l'eroina che mira a raggiungere lo stesso scopo. Ma certamente non può essere
imposto a nessuno.
Jimmy McKenzie, all'ospedale psichiatrico, era un maledetto scocciatore, perchè se ne andava in giro
gridando dietro le sue voci. Ovviamente potevamo udire la conversazione da un lato solo, ma ci si poteva
fare un'idea generale, per lo meno da espressioni come: Andate a farvi fottere sudici bastardi...'
Fu deciso di alleviare al contempo le sue e le nostre sofferenze, facendogli il favore di una lobotomia.
Si notò un miglioramento delle sue condizioni. Dopo l'operazione non andava più in giro urlando ingiurie
contro le sue voci, ma: Che cosa? Ripetete! Parlate forte, maledetti, non riesco a sentirvi!'
(R.D.Laing 1982, La nascita dell'e sperienza, pag.XI)
La terapia psichiatrica che, a mio avviso, incarna la natura inquietante dell'ipotesi psichiatrica e ne
rappresenta al contempo l'essenza, è la lobotomia.
Non a caso essa è l'unica scoperta psichiatrica ad aver avuto il riconoscimento del Nobel per la medicina.
Come ogni altra terapia psichiatrica per decenni
* è stata praticata contro il consenso dei pazienti.
* è stata definita innocua ed efficace nella cura della malattia mentale.
* ha prodotto danni irreversibili nei cervelli di migliaia di persone in tutto il mondo.
* è stata denunciata come un orrendo crimine contro l'umanità.
* non è mai stata abolita o vietata per legge.
* tornerà ad affacciarsi sulla scena appena ciò sarà possibile.
La lobotomia, più che altre terapie, rappresenta simbolicamente e materialmente ciò che ci si aspetta
dalla psichiatria. Un'azione diretta sul cervello dei pazienti per asportare definitivamente i centri
del pensiero o dei comportamenti insani.
La procedura consiste nello stordire i pazienti con uno shock e, mentre sono sotto l'effetto dell'anestetico,
nello spingere con forza un coltello rompighiaccio fra il globo oculare e la palpebra attraverso il
tetto dell'orbita, fino a raggiungere il lobo frontale; a questo punto si effettua un taglio laterale
muovendo lo strumento da una parte all'altra
(W.Freeman cit. in O.Sacks 1995, Un antropologo su Marte, pag.101)
Anche qui sembra che E. Moniz, premio Nobel 1951 per la medicina, fosse stato folgorato dagli
esperimenti di asportazione dei lobi frontali condotti nel secolo scorso sulle scimmie. Anche qui ciò
che interessava era la possibilità di rendere docili e ubbidienti le persone.
I risultati raggiunti, naturalmente, non erano mai una vera guarigione, ma uno stato di docilità e
passività lontano dalla salute almeno quanto i sintomi attivi originari e che però, a differenza di
quelli, non aveva più alcuna possibilità di risoluzione
(O.Sacks 1995, Un antropologo su Marte, pagg. 101-102)
La lobotomia uccide la vita psichica di chi vi è sottoposto in maniera irreversibile, riducendolo ad
una vita vegetale. Eppure
Il grande scandalo della leucotomia e della lobotomia cessò, al principio degli anni Cinquanta, non a
causa di riserve o di mutamenti di tendenza nel mondo della medicina, ma perchè in quegli anni si erano
resi disponibili nuovi strumenti - i tranquillanti - che pretendevano (proprio come la psicochirurgia)
di portare alla guarigione completa senza indurre effetti collaterali. Se poi, dal punto di vista etico
e neurologico, ci sia una grande differenza fra psicochirurgia e tranquillanti, è una domanda inquietante
che non è mai stata affrontata davvero.
(O.Sacks 1995, Un antropologo su Marte, pag.102)
Gli psicofarmaci hanno avuto storicamente la funzione di sostituire, almeno temporaneamente e solo in
parte, le tecniche psichiatriche più apertamente crudeli. Oltre la lobotomia, anche gli shock insulinici
e l'elettroshock. Come fa rilevare Sacks, tale cambiamento non è dovuto al riconoscimento dell'insensatezza
di tali tecniche, ma al reperimento di un'altra terapia capace di ottenere gli stessi risultati senza
suscitare lo stesso allarme sociale.
L'uso di queste tecniche non si è mai fermato, nè è stato vietato da alcuna legge in alcuna nazione
del mondo.
Perchè si inietta insulina? Perchè l'insulina è una sostanza che regola la presenza di zucchero-glucosio
nel sangue. La regolazione del glucosio è di vitale importanza per le cellule, a cominciare dalle
cellule nervose. Se la quantità di zucchero non è quella sufficiente e scende sensibilmente di livello,
alle cellule nervose viene a mancare immediatamente il loro nutrimento, per cui si va in coma. Ebbene,
le iniezioni di insulina hanno lo scopo di spingere l'indomito ricoverato in uno stato comatoso, che è
a tutti gli effetti riconosciuto scientificamente come stato premortale. Ovviamente ti mettono in coma
e poi cercano di tirarti fuori, di riportarti cioè in vita dopo aver causato un forte squilibrio nelle
tue facoltà cerebrali, ... E non c'è alcuna assoluta garanzia che dallo stato di coma si possa far
rientrare sempre la vittima allo stato di conoscenza . (G.Antonucci 1986, I pregiudizi e la conoscenza.
Critica alla psichiatria, pag. 221)
Perchè mandare in coma le persone con l'insulina? Per lo stesso motivo per cui le attraversiamo con
la corrente elettrica provocando loro convulsioni e danni al cervello: per cercare di farli smettere
di pensare quello che pensano.
La psichiatria è uno scandalo scientifico all'interno della medicina. La ricerca scientifica da una
parte afferma la complessità e l'assoluta inadeguatezza delle nostre conoscenze sul cervello umano,
dall'altra permette alla psichiatria di mettere in pratica interventi chirurgici o chimici massivi su
di esso, in maniera incontrollata e spesso contro il consenso dei suoi pazienti.
La storia antica e moderna dell'uso dell'elettroshock ne è un chiaro esempio. Nonostante i tentativi
attuali di ricostruirne una verginità terapeutica, esso per anni è stato usato nei manicomi come
strumento di controllo e di punizione dei ricoverati (cfr. A.Papuzzi 1977, Portami su quello che canta.
Processo a uno psichiatra). Oggi invece viene smerciato come miracoloso e innocuo antitodo alla
depressione.
Potrà essere solo un pregiudizio comune a gente non incline alla logica medica, ma credo che nessuno di noi
se la senta di affermare che il passaggio di energia elettrica attraverso il nostro cervello, possa
essere definito innocuo o, addirittura, terapeutico. Sarà perchè lo associamo a realtà tragiche come
la sedia elettrica o le tecniche di tortura dei regimi militari, ma ci viene difficile credere che
esista un modo o un risultato diverso nell'essere sottoposti al passaggio di energia elettrica attraverso
il nostro corpo. Chiamiamolo istinto di sopravvivenza, ma è anche il risultato dell'osservazione sistematica
di come questa e altre terapie hanno ridotto milioni di esseri umani in tutto il mondo.
Se poi vogliamo dare alla nostra naturale resistenza a riconoscere valore a tale pratica anche una
motivazione scientifica, non abbiamo che da consultare, fra gli altri, il testo di P. Breggin Elettroshock.
I guasti del cervello, edito da Feltrinelli. In esso l'autore spiega con esempi e ricerche sul campo,
i motivi che lo inducono a chiedere la messa al bando e il divieto legale di usare l'elettroshock come
forma di terapia.
Il paziente che decide di sottoporsi all'elettroshock dovrebbe essere informato, e avere chiara nozione,
dei seguenti punti:
1. Il trattamento, eseguito su animali, produce di frequente gravi lesioni cerebrali; in un significativo
numero di casi il danno è permanente. Anche le autopsie umane e gli studi sulle onde cerebrali umane
rivelano, in molti casi, la presenza di danni cerebrali permanenti.
2. Da alcuni studi risulta che il tasso generale di mortalità dei pazienti sottoposti al trattamento
è dell'1 per 1000; il tasso è molto superiore nelle popolazioni ad alto rischio, come gli anziani, i
sofferenti di malattie cardiovascolari e respiratorie e gli individui affetti da malattie del sistema
nervoso centrale.
3. All'inizio del trattamento il paziente sperimenta la perdita di tutte le sue facoltà mentali e prova,
in genere, un grande spavento e una grande scossa emotiva. Possono persistere forti mal di testa ed
incubi.
4. Il trattamento provoca, in tutti i casi, alcune perdite mnemoniche permanenti, relative soprattutto
al periodo che immediatamente precede e immediatamente segue il trattamento. Molti resoconti di
ricerca e relazioni cliniche dimostrano che la maggior parte dei pazienti subisce una significativa
perdita di memoria, di carattere permanente, relativa a fatti personali del passato. In molti casi,
possono aversi perdite gravi che coprono un periodo di vari mesi o anni antecedenti all'elettroshock;
anche altre forme di disfunzione mentale possono acquistare carattere permanente .
(P.Breggin 1984, Elettroshock. I guasti del cervello, pagg.227-228)
Leggendo Breggin e ascoltando i fautori dell'elettroshock, sorge il sospetto concreto che la presunta
efficacia di tale pratica consista nel tentare di curare il dolore con l'oblio.
L'elettroshock produce un'amnesia degli eventi del passato. Il paziente non può ricordare cosa lo
tormentava. Di conseguenza non può ricordarsi di tormentare altre persone a proposito di quello che lo
tormentava. Questo effetto può durare per un breve periodo di tempo o per parecchi mesi. Ma scompare
sempre. Quando ciò accade il paziente può divenire nuovamente un elemento di fastidio sociale, avere
ancora bisogno di shock, oppure può tenere tutto a tacere, tenersi per sè le sue preoccupazioni e
perciò evitare l'attenzione della professione medica
(J.Berke in L.Forti 1979, L'altra pazzia, pagg. 141-142)
Dove non arriva l'oblio, ci pensa il terrore.
A Londra c'è un entusiasta che va in giro pubblicamente a dare cifre dell'85% di remissione di sintomo
trattando con elettroshockterapia la depressione involutiva e cifre consimili per ogni sorta di altri
disturbi, compreso bambini che non vogliono aver nulla a che fare con altra gente, diciassettenni
isterici e così via. Costui, per quel che sento, ottiene ottimi risultati. Compare il mattino, fa
il giro del reparto. Come ti senti, oggi? Meglio o peggio? E se non dici che stai meglio, ti fanno
un'altra serie di elettroshock. La più parte dice di star meglio, e la più parte di loro non ritorna
per i controlli ambulatoriali .
(R.D.Laing 1978, I fatti della vita, pagg. 117-118)
La situazione con gli psicofarmaci non è molto diversa. Fra i loro effetti c'è quello di modificare lo
stato di coscienza delle persone in un senso molto simile a quello dell'oblio. Più che il ricordo,
viene compresso e coartato il senso critico, la capacità di reagire, si diventa spesso passivi e disponibili
a subire la volontà altrui. Fra le modalità di somministrazione esiste anche qui la minaccia e il
terrore. Anche gli psicofarmaci possono essere usati a scopo punitivo, come nel caso di Sandro e
delle sue porcherie.
Gli psichiatri più illuminati ammettono che gli psicofarmaci non hanno alcuna funzione curativa, ma
servono ad attenuare e a controllare i pensieri e i comportamenti che loro individuano come sintomi
della malattia mentale. Del resto gli esseri umani hanno sempre usato sostanze per alterare il propria
stato di coscienza e la propria biochimica, per adattarsi o superare le proprie difficoltà. Pensiamo
alle foglie di coca masticate dalle popolazioni delle Ande, ma anche al caffè con cui facciamo
colazione, al bicchiere di vino per rallegrare la serata, ma anche alla cocaina per sostenere una
serie di concerti. Alcuni di questi interventi volontari sulla propria mente sono considerati
crimini o comportamenti comunque moralmente inaccettabili. Nessuna obiezione invece sembra nascere
quando interventi della medesima natura vengono imposti su individui non consenzienti.
La terapia psichiatrica fa appunto questo: dichiara illegale qualsiasi altro intervento sulla mente
che non sia espressamente prescritto e realizzato da psichiatri. Se ci si autoprescrive un ipnotico
si è drogati, se ce lo prescrive un medico malati. L'ipnotico può essere così al contempo una droga
(se decidiamo autonomamente di assumerla), una medicina (se ce la prescrive uno psichiatra). Non c'è
niente di più chiaro, in questo caso, della lingua inglese per descrivere questa confusione: in i
nglese tanto le droghe illegali che gli psicofarmaci si chiamano drug.
La logica psichiatrica tende a privare le persone di quelle sostanze che ritengono necessario assumere,
per imporre le stesse sostanze ad altre persone che non ritengono necessario farlo.
Gran parte della vita di un paziente psichiatrico è spesa a cercare strategie o rifugio per sfuggire
a questa invasione chimica della sua mente. Il rifiuto degli psicofarmaci è in gran parte rifiuto di
condividere i fini e gli scopi che essi si prefiggono. Nessuno rifiuterebbe di assumere qualcosa che
lo può aiutare a tranquillizzarsi o a non avere più paura, ma, allo stesso tempo, nessuno accetta di
farlo se questo significa implicitamente affermare che non ha alcuna ragione per essere arrabbiato o
terrorizzato. Quando ci autoprescriviamo una sostanza, generalmente non neghiamo la verità di ciò che
stiamo provando o vedendo, cerchiamo di attutirne soltanto gli effetti sulla nostra vita. Quando
quella stessa sostanza ci è prescritta da uno psichiatra, al contrario, accettarla significa accettare
il fatto che i nostri sentimenti e i nostri pensieri sono solo fantasie.
E' per questo che Arturo preferisce vagare una notte intera senza meta, quando sua madre lo esaspera
al punto che non riesce più a controllare le sue reazioni, piuttosto che assumere la terapia che lei
gli porge. Arturo non vuole farle del male, ma non vuole neanche calmarsi. Vuole che la sua rabbia
sia riconosciuta come tale, che siano riconosciute le sue ragioni.
Se fosse solo un problema di biochimica, come dicono gli psichiatri, allora
Nulla influenza la nostra chimica più immediatamente che altre persone .
(R.D.Laing 1978, I fatti della vita, pag. 120)
Ho esperienza pratica e quotidiana di ciò, come ne abbiamo tutti. Se applicassimo solo un po del
buon senso che nasce dalla nostra esperienza di relazione, capiremmo che è impossibile accettare di
stare calmi e sereni mentre altri stanno decidendo di cambiarti la vita e distruggendo ogni possibilità
di scelta. E' impossibile stare calmi quando nessuno ti dà credito, nessuno ti ascolta, nessuno ti
aiuta in ciò che vuoi fare. Impossibile mantenersi sereni quando nessuno condivide con te la verità
di quello che senti, che vedi o che pensi.
Ho esperienza pratica del fatto che non c'è niente di meglio di un'altra persona per aiutarci a vincere
la paura di ciò che ci sta accadendo e darci la forza di affrontarlo. Niente di più efficace del
semplice riconoscimento della verità di quanto ci accade e dell'essere presi sul serio. (cfr G.Bucalo
1993, Dietro ogni scemo c'è un villaggio. Itinerari per fare a meno della psichiatria).
Non parlo di psicoterapia, parlo di una relazione quotidiana fra esseri umani che cercano insieme un
equilibrio e un confronto fra modi diversi di vivere, sentire o soffrire. La psicoterapia fa delle
relazioni fra le persone, quello che la psichiatria ha fatto dell'uso delle sostanze per alterare
la propria coscienza: ha trasformato una esigenza umana in una competenza professionale. In buona
sostanza se la psichiatria tende a sostituire la volontà dell'individuo, la psicoterapia cerca di
appropriarsi del suo ragionamento, della sua visione del mondo, dei suoi sentimenti. L'una è
complementare all'altra.
"Questa è la terapia" è importante quanto l'assunzione della terapia stessa. Tanto importante che
Sandro è punito per il solo rifiuto di accettarlo. La cura non è lo psicofarmaco ma il definirlo
tale. Così ciò che ci rende malati non è la malattia, ma semplicemente il fatto di essere definiti
tali.