E noto che le varie democrazie instauratesi in gran parte del globo alla
fine della seconda guerra mondiale hanno sempre utilizzato in maniera retorica
la causa antifascista, o meglio, la vittoria sulle nemica dittatura come fondamenta
etiche della propria esistenza. Sono spesso state adoperate immagini e parole
il più possibile negative per far capire di essere necessariamente altro
da quei regimi, il male da una parte, il bene dallaltra. La medesima operazione
è stata portata avanti dopo il 1989 con labbattimento del muro
di Berlino e la sconfitta del socialismo reale.
Tuttora si assiste ad una massiccia campagna mediatica creatrice di continue
false emergenze (terrorismo, mafia, microcriminalità, immigrazione clandestina),
partendo da fatti reali, manipolati e interpretati ad arte, al fine di instaurare
un clima di terrore che rende il cittadino sempre più desideroso di unefficiente
protezione istituzionale. Viene inoltre sapientemente creata una diffusa confusione,
interessata a camuffare la reale omologazione, sia dei sostenitori sia dei falsi
oppositori di questo esistente, alle leggi del profitto e ad occultare la concreta
natura dei problemi sociali, lo stato ed il capitale uniti da due secoli nella
guerra alluomo. La democrazia dunque nel migliore dei casi potrà
apparire come il male minore, cè infatti un certo aumento quantitativo
di specifiche libertà che il potere si può permettere di concedere
e che anzi sono necessarie al suo mantenimento in unimmagine di tolleranza
e partecipazione. Ma la nostra idea di libertà va al di là e si
scontra allo stesso tempo con quel recinto allinterno del quale siamo
miseramente costretti ad agire e a pensare: la nostra idea di libertà
è totale. Non ci sentiamo liberi, costretti a consumare merci per vivere,
costretti a diventare anche noi una merce, vendendoci a ore andando a lavorare
essendo questa lunica prospettiva di vita esistente. Questo produrre e
consumare merci allinfinito, corrisponde ad una illogica e deresponsabilizzata
ricerca del profitto (per cui ogni azione è lecita), e oltre ad essere
motore di questa società gerarchica, sta anche progressivamente ed irreparabilmente
consumando il nostro pianeta, visto che in questo senso lo sfruttamento non
è solo delluomo sulluomo, ma anche delluomo sulla natura;
cosa che continua a svilupparsi e a mutare bene o male da quando luomo,
emancipandosi dal dominio della natura con linvenzione delle prime tecniche,
ha finito per sostituire la sottomissione alla natura con la sottomissione ad
altri padroni (Dio, governanti, re.
), attraverso i quali ha sempre giustificato
le peggiori nefandezze. Il dominio nellattuale forma cosiddetta postmoderna
ha preso le sembianze dellaccomodante e tollerante democrazia che consente
ad alcuni un alto grado di benessere. Ma è proprio questa forma indolore
di oppressione, più subdola e spesso difficilmente visibile, che riteniamo
ancora più pericolosa: infatti risulta sempre più complesso analizzare
la realtà che ci circonda e sovente capita di vedere masse di schiavi
moderni (cittadini), attaccate affettuosamente alle proprie catene e desiderose
di vedere queste sempre più rafforzate.
Ad esempio, si può notare come la tecnologia nel suo aspetto di intromissione
nella vita quotidiana sia sempre di più accettata dalla mentalità
comune come frutto positivo del progresso, portatore sempre e comunque di benessere,
dimenticando come, da una parte un sacco di azioni sempre considerate come facilmente
attuabili dallessere umano oggi vengano compiute con inutili protesi tecnologiche,
dallaltra sia ormai impossibile distinguere tra una tecnologia buona ed
una cattiva, una civile e laltra militare, dal momento che queste sono
due facce di una stessa medaglia, in continuo rapporto fra loro, anche se è
indubbio che una certa miopia pacifista impedisca a molti di riconoscerlo.
Come sono in molti a fare fatica nel rilevare unaltra semplice banalità:
il mondo, nonostante in molti si accaniscano nel cercare di dimostrare che quello
in cui viviamo sia il migliore fra quelli possibili, è ancora diviso
in classi, non magari stabili e circoscritte come nel passato, ma che comunque
presentano una condizione ormai ben nota a tutta lumanità: sfruttatori
da una parte, sfruttati dallaltra.
E se un sottile filo lega politici, tecnocrati, economisti, industriali, manager
e via dicendo nella responsabilità di questa situazione (questo è
fuor di dubbio), è anche vero che tutta questa gentaglia viene legittimata
dalla persona comune, dal cittadino carico di coscienza civile, spesso dagli
stessi sfruttati, che rinchiusi allinterno di unurna elettorale
compiono un gesto in apparenza innocente e privo di responsabilità, ma
che in realtà è il primo, necessario passo nella giustificazione
e nel supporto a questo misero esistente; misero perché si sta piano
piano perdendo il contatto col mondo, il piacere dellautenticità
di rapporti interpersonali reciproci e non mediati, la capacità critica,
la coscienza di poter modificare la realtà con la nostra azione, e sempre
di più i nostri pensieri si perdono nel vocio senza capo né coda
del gioco democratico, dove tra mille opinioni identiche nella loro sostanza
le poche idee rimaste sembrano soffocare.
Proprio come accade durante le elezioni, nelle quali veniamo chiamati ad esprimere
la nostra preferenza fra i vari candidati che, nella sostanza, non differiscono
uno dallaltro. Non vi sono differenze se non ad un livello di immagine,
di bandiere colorate, di spettacolo, e alcune differenze esisteranno pure da
un punto di vista dei programmi specifici, ma non è questa la sostanza
delle cose: un candidato del polo è identico ad uno dellulivo,
come ad uno di r.c. o dellm.s.i, semplicemente perché candidato,
a nientaltro che gestire questo triste esistente con il quale non vogliamo
più avere nulla a che fare.
Non vogliamo delegare nessuno, nemmeno una persona fidata e conosciuta (se fosse
possibile), a gestire linterezza della nostra vita. Rifiutiamo di renderci
partecipi di questo schifo, iniziando a non dare il nostro appoggio a questi
politici nel rifiuto di legittimare questo esistente ed i rapporti sociali che
lo reggono. Tra le altre cose dunque (rifiuto del lavoro, furto di merci, occupazione
di spazi, sabotaggio ed in generale ogni azione che possa in qualche modo ledere
il dominio in ogni suo aspetto), noi consigliamo caldamente, a tutti gli insoddisfatti
e a tutti gli incazzati, lastensione elettorale questa domenica come sempre.
Ma se non voto chi ci governerà, ci sarà pure bisogno di qualcuno
che almeno ci coordini? Dove finisce il governo inizia la libertà di
scelta, di autodeterminazione, di portare avanti i propri interessi, del pensiero
che plasma la realtà attraverso lazione; dove finisce lo stato
muore loperaio, limpiegato, lartista, limprenditore..
e nasce lindividuo.
PERCHE NON VOTIAMO?
- Perché lautodeterminazione e la capacità di scegliere
le riteniamo indispensabili per la nostra possibile condizione di uomini liberi.
La dimensione politica infatti si appropria della nostra sfera decisionale per
perseguire dei fini che non ci appartengono, mirando solo al mantenimento degli
interessi esistenti che vengono fatti passare per i nostri. Ci priva così
di una caratteristica fondamentale, rendendoci uomini a metà.
- I miei interessi sono solo miei, io sono un singolo irripetibile. Non delego
nessuno che si occupi delle mie condizioni desistenza, che con questa
scusa mi opprime, mi governa, mi sfrutta, o semplicemente fa cose sulle quali
io non ho nessun controllo, cioè si serve del potere che il cittadino
malauguratamente gli fornisce per creare delle condizioni desistenza che
limitano la mia specifica individualità.
- Perché rifiutiamo di scegliere il male minore: il riformismo, nella
sua pretesa di cambiare le cose è funzionale solo alle classi dominanti
che attraverso le riforme ristrutturano il loro potere; è questo il ruolo
storico del riformismo, rendere le catene più sopportabili, non spezzarle.
- Perché siamo coscienti che il voto in una società democratica
è la base su cui si regge tutto, e questo tutto è per noi sinonimo
di sfruttamento capitalistico delluomo sulluomo e sulla natura intendendo
con questo cose ben concrete partendo solo a titolo desempio dalla guerra,
diventata ora una necessità umanitaria, per arrivare allobbligo
di lavorare per vivere, passando attraverso il nucleare e le biotecnologie.
QUESTO ESISTENTE CI FA SCHIFO, ODIAMO LA SUA PUZZA DI
MORTE, NON VOGLIAMO FARNE PARTE IN ALCUN MODO. ALLO STESSO TEMPO QUELLO CHE
CI TIENE IN VITA E ANCHE IL DESIDERIO DI UNA VITA ALTRA, NASCOSTA DIETRO
IL VELO DEL POSSIBILE E DELLIGNOTO.
TRA LE ALTRE COSE, QUINDI, DOMENICA,
NON VOTIAMO