IL COLORE
NERO DEL PETROLIO
Il 2002 sarà stato lanno del petrolio.
Partendo dalla Galizia dove le coste sono invischiate nel "chapapote"
(miscela di petrolio, alghe e altre cose) e le coscienze in richieste che rinforzano
il sistema di dipendenza dalla tecnologia industriale. "Nunca mais"
(Mai più) è il nome della piattaforma di rivendicazioni di alcuni
neo-statalisti. Mai si è stati più lontani da una via duscita
dalla società industriale.
Passando per il deserto algerino, dal quale si estrae, assieme alloro
nero, il sostegno dei governi occidentali alla brutale burocrazia militare,
e anche la docilità degli intellettuali e della stampa, pronti a calunniare
la rivolta cabila o, più efficacemente, a seppellirla sotto il clamore
delle celebrazioni per quello che in Francia è stato definito "lanno
dellAlgeria" e la visita del presidente Chirac ad Algeri.
Proseguendo per Porto Marghera, dove "il fumo" cè, come
anche cè ogni tipo di malattia, "e la rabbia" purtroppo
manca, quella di ribellarsi contro unattività che produce non solo
rischi per la salute di chi la esercita, ma anche tutto un mondo ostile allo
stesso lavoratore: potrà mai mangiare in pace gli spaghetti alle vongole
e il loro tasso di diossina venti volte superiore (tassi rilevati nella laguna
di Venezia)] a quello raccomandato dallOMS?
Il nostro viaggio finisce in Italia, tra il cestino dei rifiuti e le immagini
della guerra in Irak. Perché, se la guerra moderna è così
agghiacciante, con la fine della distinzione tra militari e civili, e anche
tra nemici e alleati (vittime della guerra del 91 non lo furono meno i
soldati americani, che hanno fatto da cavia in un esemplare studio epidemiologico
intitolato "sindrome del Golfo") e con le sue stragi di massa, lo
è per una sola e unica ragione: poggia su unindustria moderna dellarmamento,
nucleare e chimica.
La guerra si alimenta della società industriale in un circolo vizioso:
la guerra moderna è frutto della tecnologia industriale, la quale cresce
in occasione delle invenzioni in tempo di guerra: non cè nucleare
senza Hiroshima, non cè internet senza Pentagono.
Però questo circolo poggia a sua volta sul tacito consenso del cittadino
moderno e della sua smisurata irresponsabilità: la sua immondizia è
piena di piatti di plastica. È quindi inutile e dannoso dissociare la
guerra allIraq dal nostro modo di vita. Altrimenti il no alla guerra servirebbe
a giustificare una pace che è unaltra guerra, quella dichiarata
due secoli fa alluomo dallindustria, che sta vincendo grazie ai
cancri, alla violenza del lavoro salariato, ai disastri ecologici, alle nuove
alienazioni, fino allultima vittoria: ladattamento totale delluomo
ai suoi prodotti.
Per questa semplice ragione chi denuncia "la guerra del petrolio"
senza denunciare il consumo su larga scala del petrolio, e lorganizzazione
sociale che lo rende necessario, ha in bocca il cadavere di una vittima di un
incidente stradale; chi lo fa senza denunciare la calamità economica
e politica che suppone fatalmente la scoperta di petrolio (come qualsiasi altra
materia prima desportazione) in qualsiasi paese, ha in bocca il cadavere
di un rivoltoso cabilo (o un cocalero colombiano...); chi lo fa senza denunciare
lalta nocività del petrolio, ha in bocca il tumore di un lavoratore
del vinile.
Per quanto ci riguarda, non abbiamo bisogno di tutto questo per avere voglia
di vomitare: ci basta il disgusto per la sopravivenza imposta dal sistema attuale.
E, per denunciare la guerra, denunciamo ciò che la produce, ispirandoci
alle lotte che due secoli fa i luddisti intrapresero, perché avevano
visto i pericoli del "progresso" tecnico e avevano agito di conseguenza.
Dobbiamo mostrare il vero viso della democrazia mercantile: la repressione della
contestazione sotto il circo dellopposizione, la violenza quotidiana sotto
il benessere degli psicofarmaci, la miseria sotto lefficacia economica.
Associazione Contro la Rovinosa Avanzata della Tecnologia Industriale
Bologna, 25 marzo 2003 - Per contatti: acrati@yahoo.it